L’alimentazione è un aspetto determinante per l’evoluzione di tutti gli esseri viventi, a maggior ragione nei casi in cui vi è la presenza di una patologia cronica come quella tumorale, anche se il ruolo di specifiche modifiche dietetiche nell'alterazione del sistema immunitario e nel contribuire alla risposta del tumore all’immunoterapia rimane ancora poco chiaro. Recentemente si stanno sviluppando numerosi studi in questa direzione ed uno degli argomenti maggiormente al centro dell’attenzione è il microbiota intestinale.
Il microbiota intestinale sta riscuotendo sempre maggiore interesse in ambito clinico, in quanto numerose evidenze che correlano lo stato di salute alla composizione microbica intestinale, soprattutto per quanto riguarda la comparsa di malattie autoimmuni (come ad esempio diabete mellito tipo 1, tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, etc.), ma non solo. Da una serie di studi scientifici emerge, infatti, la possibilità di utilizzare il microbiota intestinale come fattore (marcatore) in grado di predire la risposta al trattamento immunoterapico.
Quando si parla di microbiota si fa riferimento a un insieme molto vasto (trilioni) di microrganismi, quali virus, funghi, protozoi e soprattutto batteri, che popolano le varie superfici corporee, principalmente quelle intestinali. Il microbiota ha un peso di circa 1 kg e per questo è anche considerato il quarto organo dell'apparato digerente. Si caratterizza per un’immensa diversità, con oltre 1000 specie batteriche rilevate nell’intera popolazione umana, di cui circa 150 presenti nel singolo individuo. Il microbioma, ovvero il complesso dei geni (genoma) del microbiota intestinale, contiene almeno 3.3 milioni di geni microbici, pari ad almeno 150 volte il genoma umano: questo ci permette di affermare tranquillamente che siamo noi, in un certo senso, gli ospiti del microbiota e non il contrario!
Per mantenere uno stato di salute il microbiota intestinale ha bisogno della presenza di molte specie ed i maggiori tipi batterici (phyla) rappresentati sono quelli dei Firmicutes e dei Bacteroidetes, seguiti dagli Actinobacteria e dai Proteobacteria.
Questi organismi svolgono molteplici funzioni, tra cui quelle:
Il genoma dei batteri intestinali può essere modulato in vari modi, come:
La dieta svolge un ruolo determinante sul microbiota intestinale, soprattutto per ciò che concerne l’assunzione di fibra alimentare. Quest’ultima, infatti, arriva nel colon praticamente non-digerita e subisce un processo di fermentazione da parte dei batteri intestinali; il prodotto finale di questo processo sono dei metaboliti come gli acidi grassi a catena corta, tra i quali l’acido butirrico, l’acido propionico e l’acido acetico.
Questi metaboliti, oltre ad abbassare il pH del colon con funzione protettiva nei confronti dei batteri patogeni, svolgono un’attività di nutrimento per le cellule epiteliali intestinali, andando a rinforzare le giunzioni cellulari (tight-junction), riducendo la permeabilità intestinale (leaky gut) ed instaurando così un ambiente anti-infiammatorio. Non solo, in quanto molte altre molecole presenti in alcuni cibisarebbero in grado di attivare la produzione di citochine anti-infiammatorie, come IL-10 e IL -22.
Tra queste molecole vi sono gli antiossidanti contenuti nel thè verde (catechine), nei frutti di bosco (quercetina), nel vino rosso (resveratrolo), la curcumina, la vitamina D, la vitamina A, la vitamina E dell’olio extravergine di oliva e gli acidi grassi polinsaturi omega-3 presenti soprattutto nel pesce.
Da un’analisi di vari modelli di dieta, valutati in relazione al loro impatto sulla composizione microbica intestinale, i migliori sono risultati essere:
Per instaurare una buona flora batterica intestinale è inoltre ormai noto come sia importante consumare alcune verdure come broccoli, cavoli, verze, cipolle, porri, aglio, cicoria, tarassaco, topinambur, asparagi ed assumere prodotti fermentati come kefir, yogurt, kimchi, crauti, aceto di sidro di mele, amidi resistenti (ad esempio pasta e riso cotti e successivamente raffreddati, banane non ancora mature), orzo, avena, semi di lino macinati e mele.
Questi modelli alimentari favorirebbero l’instaurarsi di una grande biodiversità e di uno stato di equilibrio (eubiosi) tra ceppi batterici, in particolare i bifidobatteri ed i lattobacilli, che hanno effetti inibitori verso gli organismi patogeni e permettono la formazione di una buona mucosa intestinale.
Al contrario, la moderna dieta occidentale, ricca di proteine animali, acidi grassi saturi e soprattutto idrogenati (ad esempio, la margarina), zuccheri, farine raffinate e povere di fibre, porta ad una diminuzione dei batteri benefici. Tale condizione favorirebbe uno stato di non-equilibrio (disbiosi) tra i vari microrganismi, predisponendo la mucosa intestinale ad una maggiore permeabilità ed instaurando così una condizione di infiammazione cronica intestinale di basso grado.
I farmaci inibitori del checkpoint immunitario stanno modificando il modello terapeutico di diversi tipi di tumori, tuttavia, ad oggi, non tutti i pazienti rispondono all'immunoterapia o sono candidati adatti, e le ragioni di ciò rimangono in buona parte ancora sconosciute.
Cerchiamo quindi di comprendere quale ruolo possa svolgere il microbiota nel processo di selezione dei pazienti al trattamento immunoterapico.
Gli studi scientifici sull’argomento hanno principalmente analizzato il melanoma, il melanoma metastatico, il tumore del rene, del polmone e della vescica. Il metodo alla base di questi lavori ha previsto l’analisi quali-quantitativa del microbiota intestinale, suddividendo i pazienti in non-rispondenti o rispondenti al trattamento.
Le osservazioni principali sono state che i soggetti non-rispondenti si caratterizzano per la presenza di una minore biodiversità batterica all’interno del loro intestino, con prevalenza di Bacteroidetes (associati ad una maggiore progressione di malattia e minore sopravvivenza libera da progressione), Ruminococcus obeum e Roseburia intestinalis. I pazienti rispondenti al trattamento hanno invece mostrato una maggiore variabilità batterica con abbondanza di Bifidobacterium (dimostrando una correlazione positiva con la risposta dei linfociti-T anti-tumorali), Lactobacillus, Clostridiales, Akkermansia muciniphila e Faecalibacterium prausnitzii.
A conferma dell’importanza di avere una buona flora intestinale vi sono anche i risultati di uno studio recente: i pazienti che assumono terapia antibiotica a ridosso del trattamento immunoterapico hanno una minore risposta, una ridotta sopravvivenza libera da progressione di malattia ed una minore sopravvivenza totale, con una forte riduzione degli Akkermansia muciniphila nei soggetti in terapia antibiotica, diversamente dai soggetti rispondenti dove invece questa qualità microbica era maggiormente rappresentata.
Sulla base dei dati riguardanti il rapporto tra microbiota intestinale ed immunoterapia, sono state avviate delle sperimentazioni a livello internazionale per valutare l’efficacia del trapianto di microbiota intestinale tra soggetti umani e l’effetto dell’assunzione di probiotici selezionati di ultima generazione in pazienti che si sottopongono alla cura oncologica.
La composizione del microbiota viene indagata anche per trovare possibili marcatori predittivi di tossicità intestinale farmaco-indotta.
Quello che è emerso sino ad ora è che un incremento della presenza di uno specifico ceppo batterico, quello dei Bacteroidetes, è correlato con una maggiore resistenza a sviluppare colite durante il trattamento con farmaci immunoterapici.
Al contrario, la colonizzazione di ceppi appartenenti al phylum dei Firmicutes e più specificatamente dei Faecalibacterium prausnitzii è associata ad una maggiore predisposizione a sviluppare diarrea durante il trattamento.
Da questi pochi dati sembrerebbe emergere che i soggetti maggiormente rispondenti al trattamento (con maggior presenza di Faecalibacterium a livello intestinale) sono anche quelli con maggior predisposizione a sviluppare colite, diversamente dai pazienti meno rispondenti ma più resistenti a sviluppare questo evento avverso (maggior presenza di Bacteroidetes).
Ulteriori novità stanno emergendo per quanto riguarda il trattamento della colite indotta dai farmaci immunostimolanti. Uno studio ha mostrato delle forti sovrapposizioni tra i risultati endoscopici caratteristici della colite indotta dal trattamento e la colite ulcerosa.
Andando ad utilizzare le strategie terapeutiche tipiche di quest’ultima condizione patologica in pazienti immunotrattati i sintomi sono migliorati significativamente.
Questa evidenza potrebbe avere anche dei risvolti futuri sul trattamento dietetico da consigliare ai pazienti che si sottopongono alla cura e che sviluppano diarrea, utilizzando quindi le linee guida che vengono raccomandate ai soggetti con malattie infiammatorie croniche intestinali, come appunto colite ulcerosa e morbo di Crohn.
Tra le indicazioni principali vi è quella di limitare in fase acuta l’assunzione di scorie alimentari e di intraprendere una dieta a basso contenuto di FODMAP (Fermentabili Oligo, Di- e Mono-saccaridi e Polioli), ossia carboidrati che non possono essere digeriti o assorbiti facilmente.
Un altro studio ha indagato con successo il trapianto fecale di microbiota in pazienti trattati con farmaci inibitori del checkpoint immunitarioche sviluppavano colite, dimostrando come la modulazione del microbiota intestinale possa limitare la comparsa di diarrea associata a tale trattamento.
Esiste uno stretto rapporto tra microbiota ed immunoterapia, la quale agisce modulando il sistema immunitario umano che per circa il 70% è presente proprio a livello intestinale. Ancora però ci sono molti punti da indagare in quanto vi sono pochi dati sulla modulazione del microbiota nel lungo periodo e sul trapianto fecale tra esseri umani.
Inoltre, molti dei batteri che hanno mostrato fornire esiti positivi sono di difficile riproduzione in laboratorio in quanto anaerobi (cioè la presenza di ossigeno nel loro habitat ne inibisce la crescita).
La sfida sarà innanzitutto quella di stabilire quale sia un microbiota “ideale” e di essere in grado di diagnosticare accuratamente lo stato di disequilibrio (disbiosi) intestinale dei pazienti, perché questa condizione è presumibilmente uno dei motivi per cui alcune persone hanno un sistema immunitario scarsamente efficiente, con una prima linea di sorveglianza nei confronti del tumore, che non funziona, quindi, come dovrebbe.
Probabilmente un trapianto fecale opportunamente selezionato associato ad un supplemento "onco-microbiotico" potrebbero mediare la stimolazione del sistema immunitario, e una dieta personalizzata potrebbe essere utile a rinforzare l'equilibrio (omeostasi) intestinale, ai fini di aumentare l'efficacia dei farmaci e ridurre lo sviluppo di meccanismi di resistenza da parte del tumore.
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